Aristotele: la metafisica.

Aristotele dedica 14 libri alla metafisica, o meglio alla filosofia prima. Si perché il termine metafisica non lo ha coniato lo stagirita., ma Andronico di Rodi (I sec. a.c.), dando al termine meta due significati che reciprocamente si completano: sopra le cose, oltre le cose. Ma cosa studia la metafisica aristotelica? Certo, essa è diversa da quella platonica. Platone, infatti, considera come verità solamente le idee, ovvero le eidos,  le essenze, le idee valori. Queste sono eterne, nel senso che non hanno avuto mai un’origine né avranno una fine; sono incorruttibili, sempre identiche a se stese, per qualità sono in qualche modo come l’essere parmenideo. Le idee sono la causa e rappresentano  il modello del mondo sensibile, tanto che tra il mondo sensibile e il mondo delle idee vi corre un rapporto di mimesi (imitazione), metessi (partecipazione) e parusia (apparizione). Fondamentalmente, nella metafisica platonica, vi sono due mondi: uno, assoggettato al divenire, come voleva Eraclito, ovvero la chora, e l’altro, il mondo iperuranio, ovvero il mondo oltre qualunque mondo, il mondo oltre il tempo, il mondo oltre qualunque forma di spazio. Le idee danno alle creature tutte e alla storia quell’anelito imprescindibile verso l’eternità, verso la felicità e le anime, che vogliono a tutti i costi uscire dalle determinazioni empiriche e raggiungere il luogo donde sono venute, anelano verso la trascendenza. Le anime sono eterne e vivono con disagio nel corpo, come il prigioniero nel carcere. Di qui la necessità di riconquistare le idee valori del bene, del bello, del giusto, della libertà, attraverso un processo anamnestico, ovvero attraverso il ricordo. Per questo la conoscenza non arriva dai sensi, ma attraverso il ricordo: un processo dialettico che elude l’esperienza, perché da questa solo può giungere l’eikasia (immaginazione) e la pistis (credenza). Queste sono relative, perché passano e si trasformano col tempo. L’universo aristotelico è diverso da quello platonico, in quanto le creature tutte sono sinolo di materia e forma, considerate nella loro staticità;  sinolo di potenza e atto se considerate nella loro dinamicità. Quindi, la metafisica aristotelica non studia le eidos, fuori dalla realtà corporea, ma studia l’essere totale che è a fondamento di ciascuna cosa, mentre l’essere parziale viene studiato dalle singole scienze empiriche che pure hanno pari dignità, perché approfondiscono l’essere parziale degli enti empirici. Se la metafisica studia l’essere in quanto essere, occorre ora definire meglio la sua natura. L’essere è da considerarsi vero. Un ente non può essere non vero, perché, in tal caso, sarebbe una contraddizione; l’essere metafisico è uno, perché non si tratta di definire gli esseri di cui si compone il cosmo ma si tratta di definire l’essere che è comune a tutti gli esseri e questo non può che essere uno; l’essere si sostanzia in 10 categorie, definite come leges entis, e queste  sono: la sostanza, perché ogni essere è sinolo di materia e forma, di potenza e atto; il tempo, in quanto ogni essere si trasforma e quindi si presenta sempre diverso rispetto a un prima e rispetto a un poi; lo spazio, in quanto non c’è essere che non si trovi col suo recipiente mobile in uno spazio assoluto; la qualità, in quanto non ci può essere ente che non abbia sue qualità: colore odori, sapori etc.; la quantità, in quanto ogni essere si sostanzia in una quantità diversa di materia; la relazione di causa ed effetto, in quanto non ci può essere un ente che non venga condizionato o mosso da un altro essere; l’agire, in quanto ogni essere agisce direttamente o indirettamente sugli essere di cui è circondato; il patire, in quanto ogni essere subisce l’azione degli esseri con cui  viene a contatto; infine l’avere e il giacere. Da quanto esposto risulta che la metafisica aristotelica è di natura ilemorfica, in quanto tutti gli esseri sono sinolo di materia e forma e in quanto materia sono in potenza di diventare altro e in quanto forma le creature sono dotate di un principio informante in atto che imprime un determinato movimento finalizzato a un traguardo preciso ma sempre in fieri, perché perfettibile.  L’essere, essendo sinolo di materia e forma, passa continuamente dalla potenza all’atto, mediante un altro essere che è già in atto.

La metafisica di Aristotele studia altresì le cause che spiegano le condizioni dell’essere nella sua staticità, attraverso la causa materiale e la causa formale e le condizioni dell’essere nel divenire attraverso la causa finale e la causa efficiente. La metafisica studia ancora la sostanza soprasensibile cioè Dio che, in quanto motore immobile, è modello di perfezione a cui tendono e si modellano, in itinere, tutte le creature nel passare da una condizione di minore perfezione ad una condizione di maggiore perfezione, come quando qualcuno si innamora senza che il partner abbia mai mosso un dito o proferito parola o come le pecore in un prato che, in caso di sete, corrono verso una sorgente d’acqua senza che questa faccia nulla per stimolare il desiderio degli animali. La sempre maggiore perfezione degli esseri non muore col dissolversi delle singole creature, ma questa rimane eterna e indistruttibile nella specie che tenderà, nel tempo, sempre ad una maggiore perfezione.

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